lunedì 29 ottobre 2007

La desocializzazione

Questa mattina piove e Firenze porta l'acqua sulle spalle.
Stanotte ho fatto un sonno agitato. Pensavo a qualcosa da dire in blog sulla droga. C'ho pensato su ed i pensieri mi hanno guidato al vero problema: "la desocializzazione".
La desocializzazione è un cancro peggio della droga e non è sempre conseguenza di essa, anzi a volte ne è la causa.
Un tempo i ragazzi fumano spinelli in gruppo, e tutto diventava uno scherzo, un gioco. Il gruppo autoregolamentava i dosaggi, gli approviggionamenti e metteva al riparo il singolo. Il gruppo svolgeva una funzione di controllo importante sul singolo che eccedeva, che casomai passava a qualcos'altro di più pesante e così il soggetto facilmente individuabile poteva essere recuperato.
Ad esempio i tossici degli anni settanta, coloro che ci sono rimasti nella droga e per questo definiti tossici storici erano quelli che avevano scelto, caparbiamente di perseguire la strada della tossicodipendenza.
La desocializzazione oggi appartiene all'egoismo più becero e misero che l'essere umano possa sentire e provare in condizioni di vita agiata. L'essere singolo, che vive in condizioni precarie la propria esistenza è emarginato, ma la desocializzazione di cui voglio parlare appartiene ad una scelta interiore, fatta da colui che raggiunto uno status lo vuole mantenere e per far ciò si isola sottraendo se stesso dall'autocritica e dal confronto con gli altri.
Per ora mi fermo qui, io ci penso e poi ne parleremo ancora.


Intanto a Firenze continua a piovere

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letture

  • Cent'anni di solitudine - Gabriel Garcia Marquez
  • Jubiabà - Jorge Amado
  • I soldi devono restare in famiglia - Alan Elkann
  • Everyman - Philip Roth
  • Il mio nome è Rosso - Orhan Pamuk

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